Si sollevano imprese e sindacati per la proposta del disegno di legge che contiene la possibilità per il
dipendente di autocertificare la malattia di tre giorni.
Se il lavoratore ritiene il malessere invalidante ma passeggero può, sotto la sua esclusiva responsabilità, comunicarlo al medico, che si farà semplice tramite per la trasmissione telematica all’Inps e al datore di lavoro.
Il Decreto, promosso dal senatore Maurizio Romani, vice presidente della Commissione Igiene e Sanità, è assegnato alla commissione Affari Costituzionali del Senato.
Si dovrebbe applicare al settore del Pubblico impiego, ma non è escluso che si debba allargare al privato per escludere l’incostituzionalità.
La misura servirà a snellire il lavoro dell’Inps, cui giungono troppe certificazioni.
Maurizio Scassola, vicepresidente della Fnomceo, che porta avanti il progetto da tempo, spiega: “Ci sono disturbi, come il mal di testa o lievi gastroenteriti, la cui diagnosi non può che essere fatta sulla base di sintomi clinicamente non obiettivabili. Il medico, in questi casi, deve limitarsi, all’interno del rapporto di fiducia che lo lega al paziente, a prendere atto di quanto lamentato. Riteniamo che un’auto-attestazione potrebbe essere utile, prima ancora che a sollevare il medico, a responsabilizzare il paziente”.
In tale contesto si muove il disegno di legge, che riversa sullo stesso dipendente la responsabilità di quanto afferma, senza che possa scaricare sul medico l’onere per cui lo stesso rischia le sanzioni delle certificazioni mediche false.
L’autocertificazione dei primi tre giorni è già adottata nei Paesi del Nord Europa, che però prevedono forme di responsabilità penale per chi dichiara il falso.
Il no di Confindustria
Maurizio Stirpe, vice presidente di Confindustria per il lavoro e le relazioni industriali, è categorico: “È l’ennesimo provvedimento che va nella direzione contraria di quanto sarebbe necessario per aumentare il livello della produttività del lavoro. Sembra una misura destinata ad accrescere il livello di assenteismo alimentando la cultura della furbizia del paese”.